Genzano di Lucania,
un borgo antico tutto da scoprire
C’era una volta e c’è ancora una regione italiana che più di tanto non avevo mai considerato...fino a quando non incontrai qualcuno che mi ci portò...e da quel momento ho scoperto un posto che ancora oggi, dopo tanti anni, non finisco mai di conoscere. Quel qualcuno è mio marito e quel posto è la Basilicata.
In questo articolo vi voglio fare conoscere il paese dove mio marito è nato e cresciuto, dove le sue radici sono ancora molto forti e che è anche parte delle origini delle mie figlie, così come la Sardegna (se non sai di cosa parlo leggi qui).

Genzano di Lucania è un paesino che sorge tra le colline lucane a quasi 600 metri di altezza, con 5700 abitanti. Si divide tra paese vecchio e paese nuovo e ha un’origine medievale, ma la sua leggenda richiama tempi molto più antichi…
Sembra che fosse addirittura colonizzato dai Galli, ma la parte più affascinante riguarda la storia che ne narra la nascita. Si racconta che moltissimo tempo fa, un ragazzo di nome Jens fosse, oltre che abile pastore e cacciatore, bravissimo a suonare il flauto, tanto da incantare tutti, bambini, adulti e animali… Il re dei Basi (da cui deriva il nome la Basilicata) sentì parlare di lui e lo volle chiamare, per aiutare sua figlia San, la principessa, triste e inconsolabile. Le dolci melodie di Jens aiutarono davvero San, che riuscì a ritrovare il sorriso. Ma non solo: i due si innamorarono e scapparono insieme, inseguiti dall’ira del re che non voleva che sua figlia sposasse un semplice pastore.

Si rifugiarono sulle colline, nascosti tra le caverne, dove viveva la famiglia di Jens, che volle rendere onore alla bellissima principessa fondando un paese proprio lì. Questo prese il nome dai due amanti: Jensan, che poi, dal 1600, divenne Genzano (di Lucania). Una bellissima storia d’amore che dà un tocco di romanticismo al borgo antico...passeggiando per le sue vie, si scorgono vecchie case, antichi scorci e sembra di tornare indietro nel tempo, a quei tempi che mi piacciono così tanto che sono convinta di aver vissuto nel Medioevo in una vita precedente. Qui, complice il venticello piacevole, il panorama che lo circonda e che dà un senso di pace, il borgo emana un’aurea magica e quasi sembra di scorgere i due innamorati passeggiare mano nella mano…
E se per caso tutto questo non vi ha convinti, ci pensano i tre murales che si trovano nascosti tra le viuzze, quasi a voler coinvolgere il visitatore in una caccia al tesoro a tema street art, dove il tesoro è l’opera d’arte.
Il primo murales è quello che più mi ha colpito, dipinto su resti di mura che si affacciano sulle colline circostanti: parla di Rosa, lavandaia, presumibilmente degli anni ‘20/’30 del ‘900, vittima delle violenze da parte del suo padrone. Il suo viso è triste, disperato e il suo grido silenzioso è una richiesta d’aiuto. Rosa è la lavapanni di una canzone popolare genzanese, non si ha certezza della sua esistenza ma è sicuramente simbolo di una condizione: quella delle lavandaie, pressate dalla violenza dei padroni e trattate quasi al pari di schiave perchè di loro proprietà. Un racconto di un’epoca antica, ma che parla di qualcosa di attuale come la violenza sulle donne. Il suo autore è anonimo.


Il secondo murales si trova sempre nascosto tra i vecchi muri di case abbandonate, di autore ignoto, forse dello stesso artista, o forse no. Rappresenta un ragazzino con indosso la mascherina, accanto ad un asino, con la frase “We can’t breathe”, non riusciamo a respirare. Eloquente quanto vera. Parla di un presente che noi tutti vogliamo dimenticare.
L’ultimo murales si trova più in là, vicino ad una vecchia fontanella e al confine con la parte nuova del paese. Ritrae una bimba con la sua mamma (o nonna) mentre prende l’acqua dalla fontana. Ad accompagnare l’opera, una frase: “Ombre dal passato su pietra riecheggiano luoghi dell’anima di genti che furono”. Anche qui si parla di tempi passati, ma così belli che non vanno dimenticati. Il murales è comparso a luglio 2020 da un giorno all’altro ed è stato pubblicato sul profilo Facebook di Angelo Brandurardi, ribattezzandolo il Banksy lucano.




Perdetevi tra le vie strette del centro, che sfociano all’improvviso su panorami mozzafiato e che si affacciano su antiche chiese. A Genzano se ne trovano parecchie, per essere un paese piuttosto piccolo, ma non mancano le opere d’arte. In particolare, ne potete trovare una di grande valore, all’interno della chiesa di Santa Maria della Platea, la più importante del borgo, da me chiamata anche chiesa gialla, per il colore della sua facciata che spicca e si fa notare anche da lontano. Ogni volta che vado la ammiro dall’alto del balcone di casa, circondata dalle altre abitazioni del paese vecchio e sta lì, quasi a voler indicare la via. Questa Chiesa conserva un’opera d’arte di inestimabile valore: un polittico attribuito a Giovanni Bellini, grandissimo pittore del XV secolo. Datata intorno al 1470, l’opera rappresenta la Madonna in trono con il bambino, circondata da alcuni santi e con la scena della crocifissione al lato sinistro e la Vergine con San Francesco in quello destro.



Non si conosce il motivo che ha portato la tavola proprio qui in Lucania, ma si presume sia legata alla statua di Sant’Eufemia di Irsina, una della rarissime statue di Andrea Mantegna, che aveva sposato la sorella del Bellini. E’ tutta da ammirare, con la sua tipica tecnica ancora medievale ma che si affaccia già in qualche modo al Rinascimento. Un tesoro artistico di tale portata nascosto qui, tra antiche case di un piccolo borgo lucano..

Quest’anno, per la prima volta, ho avuto modo di visitare anche, grazie alle speciali visite organizzate dal FAI, la Chiesa dell’Annunziata, che si trova alla fine del paese vecchio. Fu fatta costruire tra il 1321 e il 1327 da Aquilina da Monteserico, signora di Genzano dell’epoca, che fondò in quell’occasione il primo monastero di monache di clausura della Basilicata. La struttura sorge su un edificio precedente, di cui oggi è ancora visibile la forma dell’abside, ora diventato un balcone con vista sulle infinite colline circostanti. Ricostruito già nel 1348, il monastero subì modifiche anche nel XVI secolo e successivi, fino ad assumere aspetto e caratteristiche barocche. Nel 1905 le ultime monache clarisse lasciarono l’edificio, che divenne prima ospizio, poi prigione, asilo, fino al definitivo abbandono negli anni ‘60.
La Chiesa al suo interno custodisce alcune opere tra cui sei tele e un pulpito in legno, oltre che un’impressionante finestrella collegata con il retro, che serviva per passare il cibo alla monache, che non avevano alcun contatto con l’esterno. Ma la parte più emozionante è stato il monastero vero e proprio, attiguo, di cui sono visitabili il chiostro e il giardino. Il chiostro catapulta direttamente nel passato, con le sue mura, il suo pozzo al centro e la sua atmosfera mistica. Circondati dalla storia, si passa poi a visitare il giardino, utilizzato anche come orto dalle monache, con una vista da togliere il fiato su un paesaggio che emana pace e tranquillità. Il venticello, le colline e le antiche mura medievali: per me questa è pura bellezza.




Da qui si può osservare anche il suggestivo paesaggio che porta alle antichissime fonti di Capo D’acqua. Usate dagli abitanti per secoli come fonte primaria di acqua, hanno oggi l’aspetto che assunsero nel 1600, come testimonia un’iscrizione. Le sue cavità naturali hanno ospitato in passato alcuni monaci brasiliani fuggiti dalle persecuzioni in patria. Ma la cosa più straordinaria di questo luogo è stato il ritrovamento nel 1619 dell’effige di Maria SS. Delle Grazie, divenuta protettrice di Genzano. Anche grazie alla presenza di una piccola cappella, si respira un’aria sacra, dove spiritualità e natura si incontrano e creano un angolo di mondo dove trovare pace e tranquillità.

Capita, passeggiando per il paese e osservando il panorama, di incrociare lo sguardo con alcune curiose porticine, che sembrano incastonate tra le pendici dei colli che circondano l’abitato. Alcune sono più colorate, altre si confondono con il paesaggio. Ricordo che mi colpirono fin da subito e mi ricordarono in modo straordinario le case degli Hobbit (ancora oggi le chiamo così!). In realtà sono le porte delle cantine, delle grotte naturali in arenaria, che conservano il vino ad una costante temperatura che ne garantisce la bontà. Non sono amante del vino, ma mi piace sempre osservarle da lontano e immaginare Frodo che la sera rientra dopo una passeggiata nella sua Contea...

Facciamo adesso un passo indietro, torniamo all’inizio del borgo antico e troviamo un’altra testimone storica di grande importanza: la Fontana Cavallina, una delle 33 fontane più belle d'Italia, così chiamata perchè sorge sull’area un tempo occupata dall’orto della Cavallina dei marchesi di Genzano. Si tratta di un complesso architettonico molto scenografico, a forma di anfiteatro e in stile neoclassico, che spunta tra il paese vecchio e quello nuovo.
Un'opera d'arte realizzata tra il 1865 e il 1893 da Giuseppe Antonio Locuratolo e comprende: un'enorme vasca rotonda con fontana, una struttura ad arco romano con un'altra fontana e a dominare il tutto la copia della statua della Dea Cerere, dea protettrice dell'agricoltura. L'originale è datata I-II secolo a.C. e ora è conservata a Palazzo de Marinis, il municipio.
Oggi la piazza è anche punto di ritrovo e ogni volta che andiamo, non può mancare una passeggiata alla Cavallina, che ogni volta mi stupisce con la sua maestosità. Una bellezza unica e grandiosa, diventata ormai simbolo di Genzano.
Una curiosità : nel 1978 alla Fontana è dedicato un francobollo da 120 lire.



Dopo un giretto nella parte nuova del paese, una passeggiata al Parco delle Rimembranze, prendiamo l’auto e in pochi minuti raggiungiamo il Castello di Monteserico, per completare la visita in bellezza, con la cosiddetta ciliegina sulla torta. Ho già parlato di quanto amo visitare castelli e questo è davvero spettacolare. Edificato dai normanni, ma esistente già come forte bizantino o longobardo, la costruzione si erge imponente su un’altura e domina tutta la valle circostante. Una valle dorata, immensa, dove lo sguardo non trova fine. Il castello che si può vedere oggi è il risultato di modifiche di varie epoche: dalla torre centrale dell’ XI-XII secolo, la più antica, ai locali che la circondano, risalenti al XVI-XVIII secolo. Il castello fu abitato per molti secoli, da Aquilina di Monteserico, feudataria nel 1318, a Lyda Borelli, cinque secoli dopo, attrice del cinema muto e moglie del conte Vittorio Cini. La leggenda vuole che la donna al mattino passeggiasse nuda fra i campi di grano, destando le fantasie di contadini e poeti. Che sia vero o no, a mio parere oggi la vista è più suggestiva!

Salendo infatti in cima alla torre, il panorama di fronte a me è infinito: chilometri e chilometri di colline, di terra, verdissima in primavera, che ricorda molto da vicino i paesaggi irlandesi; dorata in altre stagioni, ma ugualmente bella e da togliere il fiato. Respirare a pieni polmoni è come assorbire pura energia dalla terra e la magia di epoche passate. Una visita qui è d’obbligo, anche solo per immergersi in un passato affascinante ed emozionante.
Dal 1989 il Castello è di proprietà del comune e dopo i dovuti restauri, è visitabile dal 2012 su prenotazione. D’estate ci sono spesso eventi e manifestazioni.




E a questo proposito, Genzano è ricco di feste e tradizioni. Forse la più sentita è la festa di S. Maria delle Grazie, la seconda domenica di agosto, ma i festeggiamenti si prolungano per qualche giorno in più, tra luminarie, bancarelle, processione, giochi e concerti. Sicuramente andarci in quel periodo è un modo per conoscere l’aspetto più festaiolo ma anche tradizionale del paese… Io ovviamente ho testato e posso testimoniare che ne vale la pena!